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      Torna all'indice delle poesie. IL VISITATORE DELL'ACCIDENTALE
      Guardando fuori dalla finestra come un leone in gabbia, ascolto sussurrare aliti di voce fatti di polvere e sabbia..

      Per godertele al meglio..
      Anzichè stamparle, compra il tascabile!

      POLVERE (31/12/1993)
      Prima avevo a noia la vita:
      ora sono disgustato
      anche dalla sola idea di continuare a vivere.
      Chiuso nel sarcofago della mia stanza,
      mi mummifico nella muffa
      avvolgendomi in un bozzolo
      con le ragnatele del cuore.
      Sanguino parole,
      ma a questo mondo
      scorrono via come fossero sciacquetta.
      Lacrimo liquidi umorali dallo spirito:
      però quaggiù non c'è un prezioso cristallo,
      a raccoglierli,
      e neppure un lercio secchio di latta incrostàta.
      È invece il silenzio solitario,
      a inghiottire il tutto
      in rallentata disintegrazione.
      Respiro polvere.
      Espiro polvere.
      Sto divenendo, polvere.
      E con occhi serrati alla luce piango, polvere.

      IL CIELO È PER I POETI (1/2/1994)
      Combattere per un futuro migliore
      è come agitarsi nelle sabbie mobili della clessidra del tempo:
      finisci soltanto con lo sprofondare prima.
      Arrampicarsi sugli specchi
      è assai più facile che aggrapparsi ai propri sogni
      irrigati delle proprie stesse lacrime.
      Non ho più artigli non spezzati.
      Non ho più frecce nel mio arco,
      a parte chissà quanti secondi ancora da vivere.
      Ciò che potevo l'ho fatto.
      Fare dell'altro lo potrei, ma non voglio. Non più.
      Lascerò marcire lentamente il mio corpo,
      fischiettando distrattamente,
      barricato nel passato:
      la mia vita non è più affar mio, oramai.
      Qui,
      sdraiato sul letto,
      le mani sotto la nuca,
      i gomiti per aria,
      lo sguardo fisso su un unico punto del soffitto.
      Il cielo non mi serve più: il cielo è per i poeti.

      LAGGIÙ IN FONDO, IL MURO (21/2/1994)
      La mia locomotiva
      poggia su di un unico binario:
      sempre attenta,
      sempre intenta
      a bilanciarsi per mantener l'arduo equilibrio.
      La mia locomotiva va:
      avanza cauta,
      scorre e non corre.
      Deve reggere il vento.
      Deve tenere le curve.
      Deve ammortizzare gli sbalzi.
      Deve sopportare le valli.
      Deve inerpicarsi sui colli.
      Mantenendo l'equilibrio.
      Nonostante il vento si faccia tempesta.
      Nonostante le curve si facciano angoli.
      Nonostante gli sbalzi si facciano salti.
      Nonostante le valli si facciano abissi.
      Nonostante i colli si facciano monti.
      Deve mantenere l'equilibrio.
      Sopra un solo binario.
      La mia locomotiva va:
      avanza cauta,
      chiedendosi perchè e dove;
      scorre e non corre,
      ma lacrima silenziosa poichè vorrebbe.
      Alto si leva
      soltanto l'acuto
      del fischio straziato
      del dolore muto.
      Laggiù in fondo, finalmente, il muro.

      PIANGO. E, NON APPENA SMETTO.. (3/3/1994)
      Piango.
      E
      non appena smetto,
      vorrei convincermi di non amarti più.
      Mi sento forte,
      no non ti amo,
      la vita mi attende,
      sì posso fare anche a meno di te..
      Ma basta un dettaglio insignificante,
      un rumore ascoltato insieme,
      l'eco lontano di una canzone che si smarrisce nell'aria sincera eppur fredda della notte solitaria..
      E mi sento perduto,
      sì che ti amo,
      quale vita mi attende?,
      no non potrò mai fare a meno di te..
      Alzo gli occhi al cielo stellato,
      sento il peso della mia piccolezza agli occhi dell'infinito tutt'intorno a me,
      e come un bambino
      quale sono
      mi abbandono alle lacrime.
      E piango.
      Piango.
      E
      non appena smetto..

      16 MAGGIO 1972, ORE 11.45 (14/4/1994)
      C'è qualcosa di grande,
      di portentoso,
      fra questi ritagli di passato
      che testimoniano il mio primo giorno nel vento:
      colgo
      con profonda ammirazione commista a timore
      un vago baluginìo del mistero della Vita.
      Come se il venire alla luce
      fosse accompagnato da cori angelici
      per quei brevi istanti in cui le porte dell'Eterno si schiudono sulle tenebre che avvolgono il mondo.
      Un punto di contatto,
      UN SINGOLO ISTANTE,
      in cui ogni equilibrio dell'Universo si rompe
      onde aprire un varco,
      UNO SOLO,
      fra due immense sublimi realtà.
      Un unico, breve, intensissimo respiro d'Eterno
      che azzera il contatore dei giorni
      e imprime uno slancio vitale
      a un essere divino improvvisamente posto sotto l'alieno dominio del Tempo,
      ben lungi da ogni deliberato arbitrio.
      E quando i maestosi cancelli d'oro del cielo tornano a chiudersi,
      un pellegrino in più è stato abbandonato ramingo su questo cieco mondo,
      e con una promessa.
      Ma,
      ora,
      comincia il grande gioco
      e la sua avvolgente frenesia!

      CHE SCHIFO (20/6/1994)
      L'umidità mi soffoca
      nel sudore di ferro del treno
      che mi precipita nel grigiore di
      asfalto dai riflessi afoni del cemento.
      Milano rantola,
      schiacciata dall'infernale cielo
      plumbeo
      che sovrasta la città alienante,
      i suoi vacui abitanti..
      ..e quel sussurro di Eterno che insisto
      ostinatamente a chiamare "me".
      L'affanno muta il respiro
      in un sospirare sibilante.
      Tutto..
      Ma proprio TUTTO, intorno..
      CHE SCHIFO.

      PERDUTO AVVOLTO NELLA CECITÀ (23/6/1994)
      Ricordi di lacrime
      su di un prato fiorito
      rimane il Dolore
      tutto il resto.. svanito.
      Era l'erba, ora sabbia.
      Dal cielo nuvole, ora solo pioggia. ..
      Che male, che fa,
      ascoltare la tua propria musica
      senza saper dire se è bella.
      Che male, che fa,
      quel disco che ti scioglieva il cuore,
      ascoltato con null'altro che il ricordo
      di un'emozione mai più vissuta. ..
      La mente svuotata,
      facile preda di follia,
      nonostante tutto (cosa? boh!) resiste.
      E una nave senza equipaggio
      che vaga alla deriva
      aspetta solo due cose:
      o uno scoglio che la coli a picco,
      o un equipaggio che torni a guidarla.
      Affogo nelle metafore, ..
      Muto nel muto silenzio.
      Cieco nel cieco dolore. ..

      CAPIRÒ MAI? (24/7/1994)
      .. Capirò mai,
      perchè tutti vivono senza troppe tragedie
      e invece per me esistere è una condanna?
      Forse esiste un prezzo da pagare,
      e questo prezzo si chiama solitudine.
      Ma un prezzo.. per COSA, esattamente? ..

      SECOLI LONTANI NELLA PIOGGIA (28/7/1994)
      In estasi, al cospetto della magnificienza dell'Universo, che per me solo dipana gli arcani suoi..
      ..e il tutto mi si para innanzi in una beata lontana silente calda solitudine.
      Un battito d'ali piange canoro una goccia tremula di rugiada fragrante di muschio.
      Una roccia millenaria mi narra delle mura diroccate di un castello medievale: è l'alba oppure il tramonto?
      È il vento, oppure il flauto di Pan, a stormirre con le fronde, a sussurrare odori lontani nel tempo?
      Un'onda, il ticchettare antico della pendola..
      E tutto ricomincia: un'altra vita risorta dal mare, nel segreto che la spuma tace financo al bagnasciuga.
      È scesa la sera, il golfo luccica baciato dalle stelle..
      Pace, armonia e celestiale beatitudine: piove.

      IL MAI PERENNE (6/8/1994)
      .. Una lacrima e un sospiro,
      ed è trascorso un ennesimo giorno, abbandonato nel mai perenne.
      .. A farti compagnia,
      solo lo smarrito LA malinconico di un pianoforte di ghiaccio
      che echeggia nell'aere freddo e immoto:
      .. un'unica vibrazione muore lentamente,
      soffocando assieme a te.

      MEDITAZIONE ZEN (9/9/1994)
      L'arcobaleno soleggiante del pensare
      trafigge l'aria opaca
      aprendovi uno squarcio,
      conficcandovi
      un soffio di rugiada nebulizzata:
      milioni di goccioline
      luccicanti
      prismi che rifraggono
      la luce
      emana incessante.
      Due labbra socchiuse
      in un bacio variopinto:
      il segreto del cielo
      immacolato
      sta.

      OGGI SONO SOLO.. (12/9/1994)

      .. Un usignolo cinguetta vispo da un ramo,
      ma dalla strada si leva pronto un rombo a coprirlo.

      PIOVE (26/9/1994)
      Piove. Chiudo gli occhi ed esco dal tempo.
      Che differenza fa, se sono sdraiato su un letto nel 1994 o su un covone di paglia nel 1492?
      Che differenza fa, se lo scrosciare delle gocce d'acqua proviene da fuori una casa o una grotta?
      L'uomo è uno: le stesse domande, le stesse preoccupazioni, la stessa impotenza prostrata ai piedi dell'Eterno..
      Mi dicono che sto oziando - e loro intanto corrono nel loro "dover far qualcosa".
      Mi dicono che dovrei essere altrove - e dove?
      Sasso: pietra, più che uomo; pianta, che immobile si disseta; animale, che raaggiunta la tana si accuccia ed ascolta piovere.
      Nessun orologio, salvo quello naturale in me: sto solo aspettando il sole, nella mia urna di silenzio.
      Non dormo: ascolto, divenendo io stesso suono che avvolge la natura.
      Che ora era, quando ho iniziato ad ascoltare la pioggia?
      E chi ero?
      Non importa.
      Non m'importa più.
      Piove.

      PIOGGIA, MUSICA (3/10/1994)
      Lo scrosciare della pioggia è sempre perfettamente a tempo.
      .. Romantico come un tramonto mai visto sul mare dei tropici,
      esplosivo come un lampo subitaneo nel cuore.

      ATTESA FIDUCIOSA DI LIBERTÀ (4/10/1994)
      Un angelo
      scafandrato in una muta da sub
      soffre di crampi alle ali
      imprigionate nella gomma dura e avviluppante.
      Una fenice
      reclusa in una neppur tanto dorata gabbia
      oscurata da un panno nero,
      sembra un usignolo impiccato per l'ugola.
      Uno spirito celeste
      che anela alla libertà eterea,
      incarnato nell'argilla di un kuros
      ridotto all'immobilità.
      Una musica celestiale
      spogliata dell'aria,
      relegata quale idea inespressa
      nella cieca sordità del vuoto cosmico.
      Un falò
      inghiottito senza scampo dai ghiacci al centro dell'antartide.
      Un unicorno scalpitante,
      imprigionato nella grotta di Cronos.
      Un astronauta valoroso,
      sperduto nello spazio esterno
      a soffocare.
      Un tesoro inestimabile
      che giace inerte sul fondo di un oceano
      dimenticato dagli uomini.
      Un messaggio di speranza,
      che si inabissa nella bottiglia
      in balìa di onde tempestose..
      E ancora ti aspetto,
      salvezza mia?!

      L'ALTRA METÀ (1/12/1994)
      Vorrei intingere le mie labbra nelle tue,
      attizzare ancora una volta in noi il fuoco rubìno ebbro di passione,
      scivolare assieme a te nel gioco
      maliardo della sensualità innocente:
      bere vino ed essere bevuto divinamente,
      masticare la vita ed farmi agguantare il cuore da una carezza leggera,
      respirare schegge di cielo
      e sprizzare dolce, tenera, pura, sorprendente, mite intimità.
      Rapìto da uno strano ed irresistibile anèlito del tempo,
      giaccio ansimando aliti flebili,
      vividi e all'erta i sensi.
      Questa notte è accaduta una cosa, strana e meravigliosa:
      ho sdoppiato e perso di vista me stesso,
      e ora cerco e ritrovo in te
      l'altra metà del mio Sè.

      LA STATUA, IL CASTELLO, LA ZATTERA E LA SEQUOIA (7/3/1995)
      Una statua di ghiaccio giace dimenticata su un altipiano roccioso e sterile;
      sferzata dalle urla del furioso Grande Vento del Nord,
      essa riluce levigato limpido splendore,
      e intanto si polverizza in neve
      dispersa nell'aria gelida di quella landa desolata.
      Un mastodontico castello
      arroccato sul picco della Montagna Inaccessibile,
      è inghiottito dalla bufera ululante
      che turbina foglie secche come farfalle morte martoriate dall'uragano.
      Una zattera nodosa
      di tronchi legàti con un filo di speranza
      galleggia zoppicando sui flutti del Mare della Tranquillità:
      alto il sole ride beato e tiepido nell'azzurro.
      Ma dall'orizzonte tutt'attorno
      va stringendosi la minaccia nera di nuvole assassine
      impregnate di saette torve che gridano tempesta:
      anche questo estremo luogo pacifico ha limiti di spazio e di tempo.
      Un'anziana sequoia millenaria,
      nella Eterna Notte portata dalla pioggia incessante,
      marcisce la sua maestà sotto lo scrosciare inarrestabile del diluvio
      che opaco incombe sotto un cielo cieco:
      questa stagione delle piogge ebbe inizio all'Alba dei Tempi, e fine..
      chissà.
      La statua,
      il castello,
      la zattera
      e la sequoia:
      microscopiche schegge della mia anima,
      che io guardo con occhi di lacrime:
      esule immemore scagliato in un eremo,
      cantileno da un ritaglio adimensionale
      fuor dell'infamia della temporalità.
      Il flauto sgozzato di Cassandra
      gorgoglia sangue sprizzando melodia:
      eppur chi l'ode
      chiama "musica" e intende "suono".
      Troppi oppressi, m'opprimono troppo.
      Questo mondo non è adatto a me.

      L'AGGUATO SILENTE (8/3/1995)
      L'aria
      all'erta
      trattiene il respiro
      immota ed attenta
      in attesa del poi.
      Nel mentre,
      per un attimo,
      il mondo si fa lieve.
      Rapidi guizzi
      d'aghi di pino
      annunciano che invisibili folate di vento
      scompiglieranno presto la quiete:
      la tormenta non è lontana:
      non s'è mai mossa di qui,
      nell'agguato silente.

      CASA MIA (8/3/1995)
      Casa mia
      è là ove gli abeti danzano col vento,
      e vette indomite si stagliano nel blu
      di un cielo finalmente senza confini.

      DON'T TRY SO HARD (9/3/1995)
      Non passa giorno
      senza che il mondo mi s'invischi
      addosso
      con la ignominosa sordità
      di chi ode ma non ascolta,
      di chi
      pur potendolo
      non intende capire.
      Puoi parlare la loro lingua,
      puoi piangere loro in musica,
      puoi gridare una poesia accorata, ma..
      Nulla.
      Perchè tanto cinismo?
      Perchè,
      ho per compagni
      umani accecati dalla falsità,
      generata dalle più meschine abitudini,
      incapaci ormai perfino di giustificare sè stesse?

      SBADIGLI DI AGONIA PERENNE (10/3/1995)
      Questo "vivere
      mi sta siringando via la linfa vitale:
      quel poco che me ne resta
      lo uso per irrigarci il pianoforte
      lacrimandoci sopra musica incompresa quanto e più di me.
      E a me sta rapidamente venendo a noia
      sopportare l'insopportabile:
      ora sì che vedo l'inizio della fine,
      ora che il dolore non fa più piangere
      ma sbadigliare.

      SUICIDIO (10/3/1995)
      Subitaneo seccarsi di appassire lentamente.

      IO E TE (24/3/1995)
      Non voglio "AVERE te", ma "ESSERE noi".
      Uno SCRASH dentro. Mi scricchiola il cuore.
      Ti amo.

      CANDIDAMENTE SOPRA IL MONDO (26/3/1995)
      Il mio amore
      è un miracolo d'azzurro,
      un tuffo
      a cielo aperto
      nel cuore.
      Palpita ingordo d'immenso,
      l'acrobata vestito di sole,
      altalenando sull'aureo trapezio
      che pende da quella nuvoletta -
      ove,
      soffice,
      riposi tu:
      candidamente
      sopra il mondo.

      2 ANNI E 2 GIORNI PRIMA (29/3/1995)
      Se tu fossi erba
      passerei il mio tempo a osservarti
      crescere.
      E imparerei a volare,
      per non calpestarti
      mai.
      Non ho mai capito
      i tuoi infiniti silenzi.
      So solo che mi spaventano
      e
      assieme
      mi affascinano,
      avviluppandomi nel tuo eterno mistero.

      PICCIONE (2/4/1995)
      Il tempo scorre alla rinfusa
      mentre Milano mi scivola dentro:
      sorrisi che puzzano di smog,
      rivoli di marionette per le strade.
      Lontana,
      sempre più lontana,
      mormora la risacca del vento:
      ma anche questo vago ricordo
      l'ha becchettato via un piccione,
      sovrano cannibale

      LE MONTAGNE DELLA LUNA (Alla ricerca delle sorgenti del Grande Fiume) (25/6/1995)
      Soffro di mal d'Africa per una terra remota,
      una landa lontana di un altro pianeta,
      mille mondi e un sospiro distante da qui.
      Qui, dove strane tribù nomadi mi alitano sul collo.
      Qui, dove Ieri Oggi e Domani cavalcano la medesima nostalgia.
      Vi è un abisso, fra il mio anelito d'essere, e la loro fame di apparire.
      Ed uno iato incolmabile, fra questo 'me' e la mia reale natura.
      Inghiottito nel baratro che non conosce fondo delle parole;
      frastornato dalle menzogne del tempo;
      prigioniero d'uno spazio esiguo;
      ed affamato di un cibo introvabile -
      chi son io?
      e perchè giaccio qui?
      Scongiuro le stelle in questa parvenza di notte,
      ma la strada per casa è da lungo tempo smarrita.
      Un sommesso singulto di solitudine vien trascinato via dal vento,
      e questo esploratore vagabondo ch'io sono volge la sua coscienza al sonno iperboreo,
      ove i ricordi lo annegano nelle sempiterne acque placide dell'Oblio.
      La notte chiude un ciclo, e domani sarà il nuovo giorno:
      quale condanna, quale indicibile crudeltà, quale penoso strazio!
      E avanti così:
      "Barra tutta a dritta, capitano!", mi sprona il mozzo.
      Non c'è naufragio che tenga: questo viaggio non avrà mai fine.
      Mai VERAMENTE.
      Scivoliamo via nel risucchio dei giorni senza meta,
      nel gorgo delle promesse per la bugia spietata ed antica di un domani migliore,
      nella risacca delle onde del mare che pullulano di infiniti messaggi in altrettante bottiglie abbandonate ai flutti..
      ..ma poi tutto si perde in un oceano di silenzio,
      tutto quanto si scioglie come neve al sole.
      Il Tutto si rimescola al Nulla,
      come il canto delle cicale nell'aria viscosa di una notte d'estate.
      Un breve singulto.
      Un tremito al sole.
      E poi -
      tutto quanto il mondo..
      TACE.

      LA VOCE È DEFUNTA (26/6/1995)
      Atroce mi è l'aria
      impregnata di pestilenza
      malsana ed insalubre
      miasmi di zolfo
      arsure implacabili
      e la tenebra spande.
      Scarafaggi
      e putridi sorci
      strisciano nel sottosuolo.
      Pipistrelli
      stridono orribilmente
      rubandomi il cielo.
      E sulla terra,
      quanti sciacalli!
      Un nauseabondo fetore di mummie macilente m'assale per la via.
      Ma che razza di incubo è mai questo?
      Zanne puntute e unghie affilatissime
      non chiedono di meglio che dilaniare
      il midollo succulento della VERA vita.
      Non questa!
      Questa è parvenza,
      dolorosa parvenza,
      ove le sacre leggi dell'evoluzione
      non distinguono più
      fra re e ribaldo,
      fra angelo e bestia immonda.
      Provo ribrezzo solennemente,
      schernito da chi m'incalzerebbe a correre a perdifiato -
      e per andare DOVE?
      In questo tugurio di sciamannati
      mi avete privato dell'ossigeno,
      mi avete seminato in un deserto,
      mi avete spogliato di ogni diritto,
      mi avete incatenato mani e piedi,
      mi avete sradicato da casa -
      e caricato sulle spalle il giogo della più tetra nefanda solitudine.
      Devi correre!", mi dici ora, o disgraziato?
      Ma corri tu!,
      essere strisciante
      così a casa tua fra questi veleni.
      Corri, sì,
      corri coi tuoi stupidi occhi chiusi:
      corri,
      e precìpitati nel baratro che ingordo t'attende dacchè sei nato!
      Nel deserto sterminato re io aspetto:
      non sopravvivono che le forze per sperare
      - pregare no: nessuno ascolta
      (neppure il vento, che ognor qui tace)
      e la voce è defunta.

      CHE VITA DI MERDA! (20/9/1995)
      Mi ronzate intorno petulanti come zanzare:
      voi, con quel puzzo nauseabondo di caos che vi portate appresso;
      voi, e il vostro detestabile rumore che mi appesta l'aria.
      Sguazzo nella salamoia,
      annaspo attraverso una vita in apnea -
      fiotti di disagio mi schiaffeggiano presuntuosi:
      quando mi tagliate la strada
      smaniosi di accaparrarvi un posto sul metrò;
      quando mi urlate in faccia tutta la volgarità di bassezze atrocemente futili.
      Il compatimento vi guardava,
      affacciandosi dai miei occhi -
      ma eravate così disperatamente lontani!
      Oggi sono tra voi, voi che mi sfuggite come la peste -
      inscatolarmi: è forse questo un benvenuto?
      E il ribollire del fetore mi ammorba..

      GIORNI MIEI (17/12/1995)
      L'opaca agonia dell'aria immota
      fa spirare a poco a poco
      l'ennesimo giorno
      di sogni riciclàti e consunti e sfatti.
      Il tempo si trascina a rilento,
      [brontolando come] una vecchia piegata
      dall'età e dai malanni del vivere.
      Squilla un telefono,
      e risponde qualcun altro - sempre.
      Infine cala questo Silenzio,
      polvere viola che copre ogni cosa.
      E altri giorni aspettano..

      Vedi anche i medleys: Ciuffi d'amore al vento, Spettri dalla pioggia, Schegge di cemento dentro al cuore