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      Dimensione: 40351 bytes Ultimo aggiornamento: venerdì 20 marzo 2009 h.19:57
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      Torna all'indice delle poesie. NEL REGNO DELL'OMBRA

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      PERÒ, NON L'HAI PRESA TROPPO MALE (5/6/1993)
      Sepolto vivo,
      a soffocare
      lentamente
      in una tetra camera mortuaria;
      nessuno spiraglio:
      nè luce,
      nè aria.
      È crollata
      in mille frantumi
      la montagna più alta dell'Universo.
      Resta una piramide di rocce,
      ciotoli,
      detriti:
      resta quale monumento funebre
      di chi grida non udito,
      di chi singhiozza senza eco,
      di chi si contorce mai compatito.
      Il mio amore,
      anzi Amore:
      ecco,
      chi dò per morto,
      relegandolo in un angusto ventricolo.
      Per non obbligarmi ad esser testimone
      di tanto strazio
      e interminabile agonia.
      Forse hai ragione,
      quando mi vedi e sorridi felice;
      quando liberi la tua rea
      e vile
      coscienza
      dal rimorso della mia esistenza
      incrinata per sempre:
      limpido cristallo
      reso opaco
      dalle venature di mille crepe.
      Forse hai ragione:
      'Però, non l'hai presa troppo male', hai detto.
      No, certo.
      No davvero.
      Non io.
      Quel ME l'hai sepolto.
      Eppur vive.
      Questo ME,
      che vegeta sordo,
      semplicemente
      non
      esiste

      AMORE (5/6/1993)
      Due esseri
      compenetrati
      l'uno
      nell'altro.
      E piangiamo insieme
      la miopia dello spirito filisteo
      assopito o avvizzito
      che tutto fraintende,
      che tutto mistifica,
      che tutto imputridisce,
      col suo tocco di Mida
      che anzichè in oro
      trasforma in melma.
      Mostriamo pietà,
      a chi fonde la carne
      nel macello
      anzichè fondere le anime
      in Paradiso.
      Che saprà mai costui,
      nella sua infima bestialità,
      dell'innominabile esplosione
      che mescola due infiniti
      in un unico Tutto?

      TI AMO (18/3/1993?)
      Trascorrerò ogni attimo del mio esistere carezzandoti con lo sguardo:
      lo sai, appartengo ai tuoi sorrisi

      COMUNQUE (??/??/1993)
      Se è vero che le nostre strade sono parallele
      e non ci incontreremo mai,
      prego siano abbastanza vicine
      da permettermi di starti sempre accanto

      PETER PAIN (7/6/1993)
      Sfoglio l'agenda:
      duecento pagine,
      duecento giorni a venire.
      Sfrusciano le pagine:
      il resto sono ricordi di momenti spensierati
      (menzogna!
      ma il ricordo
      sfuma,
      lenendo il dolore).
      Memorie
      abbandonate alle spalle mie
      come questi capelli
      oggi solo un pò più lunghi di ieri.
      Tre giorni dal salto che non salterò io,
      ma il Tempo.
      Tre giorni dallo sbattere della porta della giovinezza,
      che sigillerà
      me
      fuori di 'casa'.
      Volti marchiati a fuoco nel cervello;
      VUOTI
      marchiati a fuoco
      nel petto.
      No!
      Non voglio,
      rivedere gli amici ventenni fra vent'anni.
      Perchè,
      già recidere queste radici
      poco più che germogli?
      Fermatevi,
      o astri del cielo!
      Flusso dei minuti,
      abbi pietà.
      Inghiottito,
      Lentamente mi
      Guardo
      Deperire,
      Miserabile

      LEGAMI AL REALE (8/6/1993)
      Ondate di ricordi vanno mescendosi ai suoni:
      voci,
      bisbigli,
      musica,
      scricchiolii..
      Irrompendo in un afflusso continuo
      nella spirale che mi si propaga attorno:
      come la tela di un ragno,
      essa lega assieme i frammenti della realtà che mi circonda
      impedendo loro di esser riscucchiati dal vortice dell'incubo.
      Oggetti e persone,
      cose animate e inanimate,
      immobili
      nel vincolo sensorio che le salda l'una all'altra
      come ingranaggi di un orologio
      di cui non posso percepire il ticchettio:
      poichè quel ticchettio
      è la mia propria voce,
      che inveisce
      gridando
      contro il Tempo

      COMINCIA LA NOTTE (10/6/1993)
      Gomiti sulle ginocchia,
      mani che premono sulle orbite
      mentre reggono un capo
      chino e stanco.
      Ed io,
      che mi avvolgo su me stesso.
      L'aria che mi circonda
      preme
      schiacciando il mio corpo
      stretto nelle spalle
      come fosse un limone;
      schizzandone fuori il succo vitale,
      l'anima,
      che ora colora le pareti di questa stanza
      di bagliori verdastri fosforescenti.
      Fuori è buio:
      comincia la notte,
      foriera di lacrime
      e ripensamenti.
      Questa,
      che mi si para innanzi, snervante,
      è la fine dell'inizio
      o l'inizio della fine?
      La Morte mi tenta,
      materializzandomi l'ectoplasma di un revolver sulla scrivania.
      No.
      Non cedo.
      Non ancora.
      Non so perchè.
      Ma non cedo.
      Non ancora.
      Resisto.
      Non so perchè.
      Ma resisto.
      QUANTO, ancora?

      MIRAGGI DI FARFALLE (10/6/1993)
      Due mani,
      le mie,
      varcano la nera porta del fato
      annaspando in un oceano di pece
      tentando vanamente la presa.
      La percepisco,
      oh, così distintamente,
      la presenza di altre mani
      là dietro
      tese verso le mie.
      Ma le sento muoversi a pochi centimetri dai miei polpastrelli,
      negandosi
      anche al minimo contatto.
      E io cerco di afferrarle.
      E loro carezzano lo spazio tutt'intorno a me,
      impalpabili fantasmi.
      Come esche irraggiungibili,
      come il canto delle sirene per Ulisse legato,
      come sogni che volgono alla conclusione interrotti dal risveglio,
      come spasimare per l'abbraccio di un'ombra
      o cercare di catturare in un pugno una nota.
      Miraggi di farfalle
      che permeano tra le maglie del mio retino.
      Straziandomi.

      IS IT JUST AN ILLUSION? (12/6/1993)
      Prima,
      prima (beato!)
      temevo semplicemente di perdere ciò che possedevo;
      temevo che mi scivolasse dalle mani
      l'unico raggio di luce
      catturato dopo impegnati anni di faticosi tentativi.
      Com'ero felice,
      prima!
      E non lo sapevo.
      Mi credevo il più angosciato,
      il più disperato degli spiriti tormentati.
      Presunzione:
      il male non solo PUÒ diventare peggio,
      ma suole farlo appena possibile.
      E infatti,
      ora non temo di perdere ciò che ho:
      mi rode come un tarlo il dubbio di averlo mai posseduto

      PAROLA MIA (15/6/1993)
      Quanta sottile e venerante paura incuti,
      parola mia,
      al mio proprio pensiero!
      Mai compresa,
      talvolta fraintesa,
      sempre inadeguatamente stimata.
      Perchè,
      me misero!,
      m'infliggi il silenzio d'una voce non mia?
      Più vorrei esprimere,
      meno esprimi.
      Più vorrei tacere,
      meno taci.
      Infingarda traditrice,
      strumento ribelle al giogo della mia Ragione:
      tu
      usi me,
      non io
      te.
      Con quale paradossale ironia,
      ottieni l'effetto più dirompente quando non dici nulla!
      E incendi gli animi d'ira
      come fiammiferi
      con le parole più innocenti!
      E stimoli il cervello,
      zittendo invece il cuore,
      parlando di sentimenti;
      quando
      nel profondo
      avvampa,
      brucia,
      arde
      l'amore!
      Unica alleata del mio pensare,
      unica nemica

      CASSANDRA (16/6/1993)
      Forse
      il mio crudele destino
      è che nessuno
      arrivi mai
      a comprendermi.
      Ma di quale efferatezza
      mi sono macchiato mai,
      per non meritare nemmeno un'anima
      in tutto l'Universo
      che almeno tenti,
      di farlo?
      E il cercare persiste nel buio

      ABBRACCIATI (21/6/1993)
      Stringendomi forte,
      muoio Io.
      Stringendoti forte,
      muori Tu.
      Stringendoci forte,
      vive Noi.

      LA CHIAVE DI VETRO (28/6/1993)
      Mi hai conosciuto
      inscalfibile crisalide,
      opaco e tenace,
      saldamente retto al fuscello della Ragione.
      Mi sei stato accanto
      quando la mia esteriorità
      non tradiva minimamente
      la meravigliosa muta,
      che dischiudeva
      entro me
      il nascere
      di un'anima variopinta.
      Hai testimoniato
      la dischiusa del bozzolo;
      il levarsi del canto melodioso
      di una esistenza appena ricominciata;
      lo sfavillare di iridate ali
      ancora tenere e madide di rugiada;
      la rincorsa frenetica verso il sole,
      il balzo nel vuoto e..
      il volo inebriante verso Fantasia.
      Ti ho letto me stesso,
      decifrando per te solo
      la misteriosa calligrafia
      del mio spirito
      inintelleggibile a me per primo.
      Ti ho eletto testimone
      dell'unico Me
      tra i mille simulacri
      che dissemino in pasto agli altri.
      Tu sai chi sono io,
      e sei lì per ricordarmelo.
      Tu conoci la mia storia,
      e custodisci il mio passato:
      l'embrione di ciò che ero e sarò.
      Tu sei lì,
      reggi la vitrea chiave della mia esistenza
      e ti ci trastulli sfidando la sorte,
      azzardando al caso il futuro.
      Di te mi fido.
      So che non la infrangerai.
      Vero?

      LA NOTTE DI VALPURGA (29/6/1993)
      Esili lingue di fuoco,
      fiammelle gialloazzurre
      sprizzano in un soffio
      e si spengono,
      rischiarano
      una tetra e brulla rada
      che si distende attorno a me
      in questa notte sorda.
      Fuochi fatui
      sorgono brillano muoiono
      rispondendo all'impeto del richiamo del tuono,
      il lancinante urlo di dolore del cielo
      squarciato in due dalla folgore furente.
      Ombre nere
      danzano
      demoniache
      nel sabba.
      Mescendo alchimie proibite.
      Suggendo liquami che gorgogliano,
      bollono
      e ribollono
      fuor dalle viscere della terra.
      Centellinando
      fanghi putridi
      imbevuti di marcio,
      ma esaltati dal potere ammaliante
      del Male.
      Sospetti
      si materializzano:
      traslucidi fantasmi
      che permeano le pareti
      della mia casa stregata,
      la mente accecata dalla passione.
      Desolazione,
      intollerabile silenzio
      e vuoto
      impalpabile
      tutt'intorno.
      Rabbia e disperazione:
      voglio,
      devo
      stringerti a me
      ma mi hai relegato su questo monte
      immateriale
      terribilmente
      solo

      COME SE NON ESISTESSI (29/6/1993)
      Il cielo vomita cenere,
      questa mattina:
      l'aria di piombo
      esala miasmi
      d'una solitudine indicibile
      che m'avvolge umida
      nel suo squallore.
      Grido,
      urlo
      nel pensiero
      ribellandomi alla grigia cappa
      che mi seppellisce come un feretro:
      ma vi sono inchiodato dentro,
      a soffocare lentamente;
      vane le mie disperate richieste
      d'aiuto:
      nessuno sente,
      nessuno sa.
      Come se non esistessi

      ESTASI MUSICALE (29/6/1993)
      Ancora rimescolo in bocca
      la dolce soavità del nettare della Musica.
      Il capo,
      chino in grembo al pianoforte,
      adagiato sulla tastiera ancora vibrante,
      godo dello strascico di una nota pura
      che si assopisce
      lentamente,
      soavemente,
      volteggiando per l'aria impietrita dalla melodia.
      Nessuna violenza,
      nessuno stridore:
      pura armonia,
      fuori dal tempo
      e dallo spazio.
      Odo lo scricchiolare del mio cuore
      mentre rilascio il pedale
      assassinando colpevolmente il suono
      mentre le forze mi abbandonano:
      lentamente,
      soavemente,
      esalando l'anima
      nutrita di Melodia.
      O bene immortale e sovrumano!
      O Euterpe!
      Tutto ciò che mi doni è troppo,
      TROPPO
      per un uomo solo!
      Frustrante
      incomunicabilità
      dello spirito
      invasato dall'Arte!

      MI AMI? (3/7/1993)
      Non potevi costringermi
      in un anfratto più insidioso,
      in un dubbio più cieco,
      in un circolo più vizioso
      con altra domanda che 'Mi ami?'.
      Amo il vento spettinato
      e la primavera;
      amo il cielo terso
      e il volo planato del falco;
      amo il mare,
      rugoso di sale;
      amo lo svettare candido dei monti,
      la solidità della roccia dei picchi;
      amo tutta quanta l'infinita bellezza
      che mi circonda,
      che mi inonda..
      amo lo spumeggiare della vita..
      Ma non AMO
      te.
      Però
      senza di te
      sarei una notte senza stelle,
      un cielo senza nuvole,
      una melodia senza suono,
      un angelo con le ali tarpate
      decaduto nemmeno negl'Inferi,
      ma nel Vuoto Immenso e Microscopico.
      Però
      senza di te
      non avrei più aria da respirare,
      non avrei più occhi per ridere
      e neppure per piangere.
      Non ho che sintomi, da balbettarti:
      la malattia che affligge il cuor mio
      non ha
      nè puo avere
      nome.
      E se tu la chiami 'Amorè,
      beh..
      allora sì:
      ti amo.
      Gridandotelo dal profondo di ogni atomo che mi dà energia e vita

      CAINE (10/7/1993)
      Stains
      of pain
      being washed by the rain
      flow down in the lane:
      you murdered me,
      Caine!

      BRONTOLIO DEI GIORNI A VENIRE (10/7/1993)
      Come uno stomaco vuoto
      avido di cibo,
      così questo cielo estivo
      brontola
      fuori dalla finestra:
      rimprovera me,
      me che mi nutro di vacue speranze.
      Ausculto un brusio sommesso,
      il battito di un cuore
      - è il mio -
      affamato di sentimento,
      ingordo d'amore;
      frenetico e folle nell'istinto primordiale di saziarsi,
      di bere a volontà dalla fonte della dolcezza,
      di ingozzarsi
      trangugiando nettare e ambrosia a piene mani.
      Per dimenticare i lunghi anni
      che muoiono nelle ombre di questa
      (ennesima)
      ultima notte di ricordi;
      anni che hanno negato foss'anche una sola stilla di gioia di vivere;
      anni bellissimi e tremendi;
      anni tristissimi e stupendi.
      Grida,
      o Futuro!
      Grida più forte,
      chè adesso comincio alfine a sentirti.
      Grida!
      Roboante nel vento di un cielo quieto
      che insuffla la Notte
      in un battito assopito di ciglia
      ancora madide di lacrime!
      Grida!
      Seguirò il tuono, la tua voce!

      PRESAGI (10/7/1993)

      Il domani piove sull'oggi,
      risciacquando la coscienza sporca
      da rimorsi
      e titubanze
      e concitati turbamenti.
      Fa eco qualche bagliore sparuto;
      dilaga il canto dell'avveduta cicala;
      e il dubbio del futuro,
      acquietato ma pur sempre ignoto.
      Guardo in avanti,
      con gli occhi bendati dell'arcigna benefica Dea Sorte:
      vedo il Nulla,
      che singhiozza dietro a una striscia di lino bianco
      avvolta sul mio esile capo.
      E l'ammiro,
      nei silenzi suoi che mi fa udire,
      ammaliato di mistero

      FOTOGRAFIA (19/8/1993)
      ..ovvero bomba
      che esplode in un groviglio di suoni, emozioni, odori, parole, immagini..
      Fotogramma
      congelato per sempre
      della nostra esistenza
      dipinta dalla luce stroboscopica
      di un gesto:
      CLICK.
      Ritrarre
      è premere il grilletto di una pistola
      che anzichè esplodere subito il colpo
      lo prepara in canna.
      Pronto.
      Ad aspettare il momento suicida,
      in cui
      abbandonata follemente la Ragione
      rimetteremo mano alle foto;
      quando
      trastullandoci con esse tra le mani
      godremo del fascino del loro pericolo;
      quando
      scorrendole una ad una imprudentemente
      verremo catturati dall'ebbra voglia
      di fare roulette rossa
      coi nostri stessi sentimenti:
      BANG! ..

      NUOVO GIORNO (26/8/1993)
      Un raggio di cielo annuncia
      il nuovo giorno
      che nasce
      dalla notte.
      È il risveglio,
      di quella parte di me
      solo assopitasi.
      È l'addio
      a quell'altra,
      morta e inghiottita dalle Tenebre.
      Un nuovo giorno:
      un nuovo me

      STRADA FERRATA NELLA PIOGGIA (9/9/1993)
      La pioggia
      scrosciando sui binari morti del treno
      spazza via l'estate
      quando
      un alito di vento
      umido
      pungente
      irradia luce solare opaca
      coperta dalla coltre di nubi.
      Se solo aspetti,
      il tempo passa
      e ammazza i brividi.
      Io aspetto:
      il treno che arriverà
      mi porterà lontano

      TEMPO D'AMORE (21/9/1993)
      Quanti calici
      ebbri di lacrime
      s'innalzano a te,
      o Eros!
      Quante tazze di faggio
      ricolme di pianto
      versate ai piedi del salice
      che piange
      l'amore nefasto:
      quello tradito,
      quello rinnegato,
      quello dimenticato.
      Dalle tenebre infauste
      di quest'Ade terrena
      muta innalzo a te una prece,
      silente e guizzante come la serpe di dolore che mi martiria l'animo:
      possa tanto sudore levigare il cuore amato;
      possa la smorfia contrita
      abbandonare la fronte corrucciata
      come fa la maschera del commediante;
      possano le spalle
      gravate da un immerito fardello
      abbandonarsi a tenere carezze,
      stringersi in un abbraccio,
      sciogliersi con un bacio.
      Ecco l'amaro fiele,
      o divino Eros:
      mutalo in ambrosia!
      Ecco il petto squarciato:
      donagli un cuore!
      Ecco il dolore:
      ora è tempo d'amore

      LIFE WITHOUT YOU (24/9/1993)
      La mia vita senza te
      è un cielo senza stelle
      un prato senza erba
      un mare in bonaccia.
      I giorni senza te
      sono notti senza luna
      spiagge senza sabbia
      sorrisi senza faccia.
      Come posso
      gridare il mio amore
      se tu che sei la mia voce
      non ci sei più?
      Come posso
      piangerti
      se tu che sei gli occhi miei
      non ci sei più?
      La vita ti ha inghiottito,
      e il vento
      sputa
      tuoi miseri resti e brandelli di ricordi
      sulla mia faccia
      sferzata da ghiaccio solitario

      INFIMO (22/10/1993)
      Spento.
      Umida terra.
      Striscio.
      Buio.
      Cieco.
      Notte.
      Brividi.
      Solo.
      Ooo-oo.
      Solo.
      Strisciare.
      Nulla
      nel nulla
      verso il nulla.
      Ooo-oo.
      Solo.
      Strisciare.
      Piovono spore
      secche soffocanti.
      Barriera.
      Schermo.
      Ooo-oo.
      Solo.
      Strisciare.
      Porta Essere luce squarcio:
      musica
      Armonia.
      Alto. E più su.
      Domina l'Alto,
      spazia l'Alto.
      Verme rantola.
      Ooo-oo.
      Solo.
      Ooo-oo.
      Soo-loo!
      Soo-loo!
      Cigolio buio Essere Porta:
      silenzio
      Tenebra.
      Ooo-oo.
      Solo.
      Strisciare.
      Ooo-oo.
      Solo.
      Strisciare.
      Ooo-oo.
      Solo.
      Strisciare.

      SCINTILLE (26/10/1993)
      Sbatter di ciglia
      come d'ali di farfalla
      ridestano soavemente
      te
      al nuovo cielo.
      Scintille
      dai tuoi occhi
      scavalcano
      l'invalicabile nei miei.
      Dritte al cuore,
      scintille messaggere,
      fautrici pirotecniche,
      ri-incendiano il mio Amore

      VUOTO MENTALE ASSOLUTO (6/11/1993)
      Occhi sbarrati,
      iride spenta,
      pupilla dilatata:
      sguardo vacuo,
      totale assenza di pensiero.
      Immagini,
      proiettate sulla corteccia visiva:
      sterili impulsi nervosi
      generati da un organismo perfettamente funzionante
      che si smarriscono
      silenziosi
      nelle pieghe di neuroni abulici.
      Vedo una penna.
      Vedo delle forbici.
      Vedo un foglio.
      Sul foglio dei simboli.
      Simboli alfanumerici scritti a mano.
      Parole e frasi.
      Ma tutt'intorno risuona l'eco cacofonico del più totale silenzio.
      Persistente silenzio cerebrale.
      Vivo e vegeto,
      completamente irreattivo.
      Presenza del significante,
      assenza del significato.
      Vuoto mentale assoluto.

      FOGLIE D'AUTUNNO NEL PARCO (8/11/1993)
      L'esitante venticello novembrino
      fa veleggiare le mie spalle,
      sospingendo il corpo
      chiuso nei suoi acciacchi
      e nei malanni dell'anima.
      La solitudine è totale;
      il silenzio, infranto unicamente dallo stormire delle fronde.
      Passeggio per il parco,
      sperduto come i vecchierelli abbandonati all'orizzonte;
      unico sostegno
      per chi è stato provato dalla vita:
      un bastone, nodoso d'anni strangolati.
      La natura ride,
      e gode a lasciarsi ritrarre dal sole
      in questo acquerello:
      va concludendo l'ennesimo ciclo annuale,
      dipingendo ancora una volta il ritratto sfumato di sè in colori pastello.
      Ma l'anno a venire non sarà
      TUTTO UGUALE:
      mancherà un personaggio:
      io.
      E allora vado nascondendomi dietro ai tronchi nodosi,
      sbriciolando cortecce marce d'umidità
      pensando allo sgretolarsi del tempo mio;
      e allo sgretolarsi del cuore, mio.
      Calpesto l'erba come il vivere calpesta me:
      noncurantemente.
      Però il manto erboso è ancora verde,
      e io già sto ingiallendo:
      come le foglie d'autunno,
      combatto una futile battaglia
      prima che il vento mi strappi all'albero della vita.
      E mi sospinga verso il basso.
      Verso la melma,
      che tutto dimentica

      THE ROOM WHERE SORROW HIDES (12/11/1993)
      Il dolore
      che oltre ogni limite ha esacerbato l'animo mio fragile
      è andato diffondendosi dal cuore all'estremità del corpo intiero:
      le punte delle dita
      come quelle dei capelli,
      la fronte
      come il petto..
      Il dolore dilaga,
      e dopo aver preso me
      si dilata nelle cose che mi circondano:
      un bicchiere,
      una bottiglia,
      una risma di carta..
      Tutto ciò che mi circonda
      diventa parte del mio essere;
      e con esso SENTE.
      Posare
      anche solo lo sguardo
      su un misero oggetto
      comporta
      SOFFERENZA:
      acuta e profonda,
      sottile e pungente,
      ruvida e sferzante.
      Me stesso:
      the room where sorrow hides

      TO THE ONE WHO KNOWS (18/11/1993)
      Un bimbo
      armato delle dita della sua mano
      gioca a fare il soldato
      nella guerra del cortile;
      brandisce un'arma automatica:
      un mitragliatore a ripetizione,
      implacabile coi suoi infiniti colpi
      sempre pronti in canna.
      Un bimbo: temutissimo,
      ma indifeso
      agli occhi dell'adulto
      che travalicano la cortina fumogena e i vapori sognanti della fantasia.
      Un giovane uomo
      armato della sua intelligenza
      gioca a fare il soldato
      nella guerra della vita;
      brandisce la profondità del suo sguardo:
      uno scandaglio imperturbabile,
      implacabile coi suoi infiniti quesiti
      sempre pronti sulle labbra.
      Un giovane uomo: temutissimo,
      ma indifeso
      agli occhi di colui-che-sa
      che travalicano la barriera solida e le maschere svianti dell'ipocrisia.
      Entrambi,
      in fondo,
      il bimbo e il giovane uomo,
      inscenano la pantomima della lotta
      per lo stesso identico motivo.
      E suscitano uguale tenerezza

      PERDUTO ENTRO ME STESSO (22/11/1993)
      L'eco delle voci
      trasfigura il rimbalzare dei palloni
      nel ticchettio che rimbomba di pensieri.
      Come fossi un minuscolo passante,
      ritratto sul paesaggio di un quadro
      spruzzato di acquaragia,
      mi sciolgo in tutto ciò che mi è attorno.
      La mia pupilla si dilata
      mettendo fuori fuoco il FUORI
      e scrutando con perspicacia il DENTRO.
      .. Nebulizzo la mia coscienza nell'aria immota della stasi temporale,
      mentre il reale pulsa, intermittente, di echi di ricordi ristagnanti.
      Chiudo gli occhi:
      tutto m'avvolge roteandomi attorno.
      Riapro gli occhi:
      sono ancora qui.
      Li richiudo,
      e mi abbandono voluttuosamente al vorticare inebriante dei chiaroscuri del mio proprio passato.
      Grida indistinte
      fluttuano dall'aria al mio sangue:
      l'eterno ritorno dello squillare di voci metafisiche
      frammiste ai margini di un percepire anonimo,
      unisono afono dalla notte dei tempi
      che mi proietta nel vago ignoto
      onnipresente dentro di me.
      Si dilata un mare sotto i miei piedi,
      che fluttuano su questo parquet
      divenuto il riflesso di sè
      fra i cerchi nell'acqua di un lago.
      Dagli estremi del sogno-di-me
      sgorga un rivolo,
      che scorre tintinnante,
      inglobando
      in un risucchio onnicomprensivo
      il reale e l'immaginario,
      le immagini della retina ed i ricordi.
      La tremolante bolla di sapone cresce:
      tutto respira, intorno a me;
      me,
      che rimescolo in bocca il battito cardiaco dell'aria leggera e nuda.
      Flebili aliti ruvidi si sbriciolano,
      sussurrando l'assurdo nel mio orecchio
      incantato dall'estasi del vuoto.
      Allucinazioni ectoplasmatiche
      vibrano fragranti
      come una limpida brezza alpina
      spumeggiante d'abete

      PRECIPITANDO IN ME NELLA SOLITUDINE (26/11/1993)
      Tic.
      Tac.
      Tic.
      Tac.
      Un metronomo nella stanza buia.
      Tic.
      Tac.
      Tic.
      Tac.
      Grande specchio sulla parete innannzi.
      Tic.
      Tac.
      Tic.
      Tac.
      Alzo lentamente il capo chino
      scruto il mio riflesso
      stringo selvaggiamente i pugni e..
      GRIDO!!
      Mille frantumi schegge di vetro
      CRASSSHHH!
      Il muro si apre: uno sbadiglio fagocita il mio mondo:
      fauci fiammeggianti mi deglutiscono in un turbinio rosso, giallo e blu e..
      AAAAAAAAaaaaaaaah!
      Precipito nel vuoto,
      sempre più vuoto,
      sempre più VuOtOoOoOoO..
      Sempre più giù..
      CAAAAAAAAADOOOOOoooooooooo!
      Il tempo si è arrestato;
      lo spazio dilatato oltre ogni confine;
      e io scivolo nel baratro verso il nulla,
      fossa da morto senza fondo,
      budello ottuso nelle profondità pietrose della Terra,
      un tunnel opaco e risonante e palpitante e..
      SILENZIO TENEBROSO GRANITICO E FREDDO.
      Fermo immagine squillo di telefono attesa non cercano me
      CAAAAAAAAADOOOOOoooooooooo!
      Vapori infernali, fiammelle spiritate,
      squittio di risatine spettrali,
      turbinio del tutto verso il nulla..
      E giù,
      sempre più giù,
      sempre più giù..
      Annaspo fra mille appigli
      con immane fatica li afferro..
      ed essi crollano giù assieme a me.
      AAAAAAAAaaaaaaaah!
      Caduta vorticante fuori dall'Universo,
      risucchiato dal pulsare di un quazar morto.
      D'improvviso,
      sorride un gancio rivestito di cielo:
      ancora
      dannatamente
      troppo
      lontano.
      Va disperdendosi con le nuvole nelle tinte dell'azzurro, mentre io..
      CAAAAAAAAADOOOOOoooooooooo!

      ETERNA FIDUCIOSA ATTESA (28/11/1993)
      Gusto momenti
      d'impalpabile dolcezza
      col manichino ectoplasmatico di te
      che supplisce nel mio pensiero alla tua sofferta assenza.
      È la controfigura,
      a volte solo acquerellata tenuemente dai primi raggi del sole del mattino,
      che recita un ruolo
      essenziale
      nel sopravvivere quotidiano senza te.
      È un'ombra,
      che abita un angolo dell'Immaginario.
      È uno spettro,
      che non ulula all'angoscia
      ma sorride di gioia
      affacciandosi dall'anima mia agli occhi come finestre.
      È un'anima felice,
      proprio la tua,
      che ho sottratto al vagare inquieto del tuo corpo,
      sferzato senza posa da una vana coscienza mendace.
      Chi,
      fra noi due,
      ha accanto il vero-te?
      Non certo la tua coscienza,
      che si danna senza volersi placare.
      Eppure..
      Io sono ancora qui.
      E lo sarò sempre.
      In eterna
      paziente
      fiduciosa attesa

      UN DOLORE SOTTILE (ristesura del 12/12/2003 di "Immortale con gl'immortali" del 7/12/1993)
      Nel puerile e vano tentativo
      di schiacciare l'angoscia
      finiamo col constatare
      che il dolore è duttile
      e per quanto ci riesca di ridurlo a sottile filigrana
      rimane pur sempre dolore:
      semplicemente più fine,
      disgraziatamente più vasto.

      ANCORA QUALCHE GIORNO (8/12/1993)
      Ancora qualche giorno
      e il mio riflesso nello specchio
      cercherà me in una stanza vuota.
      Sbiadisco
      come un'ombra nell'oscurità,
      strascicando secondi vuoti e spenti
      nel succedersi di giorni assorti nel silenzio.
      Mi abbandono sul letto.
      E abbandono gli occhi alle lacrime,
      mentre lascio che la musica mi stupri il cuore,
      e che le mani masturbino il viso
      donando a me stesso pietose tenere carezze.
      Resto abbracciato stretto stretto al guanciale.
      Oppure a me stesso.
      Annichilito.
      Reso muto
      dalla solitudine,
      unica sicurezza che va perpetuandosi nel corso della mia opaca esistenza

      ALLE PORTE DELL'AUTISMO (10/12/1993, dalla canzone "Age of loneliness" di Enigma)
      Inizio ad averne abbastanza
      di combattere
      contro un mondo di fumi perlacei
      che mi avvolge
      col gocciolare della sua fetida 'Realtà'.
      Confondo un mattino brumoso
      coi miasmi espirati da zolle di terra,
      mentre il suolo putrido rantola all'incipit dell'inverno.
      Spilli di ghiaccio
      sogghignano acri
      puntati dentro il cuore
      e si sciolgono nel Nulla.
      Avvoltoi spettrali
      veleggiano nel cervello
      urlando paura,
      insidiando sconforto
      nelle pieghe di uno spirito sgualcito.
      Si combatte futilmente
      un'immane battaglia,
      sul campo riarso della mia Coscienza:
      Pirro guida la speranza,
      Cronos lo sconforto.
      Ploc.
      I secondi che gocciolano
      maligni
      vogliono sgretolarmi.
      Ploc.
      I minuti di vuoto delirante
      sospiranti
      vogliono portarmi per sempre via con sè.
      Ploc.
      OGNI VOLTA, è la goccia che fa traboccare il vaso.
      OGNI VOLTA, faccio esplodere il mio spirito per dilatare ancora il vaso.
      E, ogni volta..
      Ploc.
      Goccia dopo goccia,
      esplosione in me dopo esplosione,
      muoio e risorgo
      in un ciclo perverso e senza fine.
      Senza sapere dove sono.
      Senza vedere dove vado.
      Senza forze,
      e non mi spiego COME mi trascino.
      Senza energie,
      e non mi spiego PERCHÈ mi trascino.
      Non sarebbe vigliaccheria cedere.
      Ora non più.
      Forse non mi resta davvero null'altro da fare che sigillare l'Ultimo Spiraglio,
      dire addio al mondo fuori-di-me
      e lasciarmi cullare in me e per me.
      Solo, fino alla morte,
      prigioniero della mia Laetitia

      CHIUDI GLI OCCHI: IO MUOIO (10/12/1993)
      Il tuo farneticante
      e ferino
      istinto di autoconservazione
      si ribella
      allo sferragliare della fucina del mio carnefice.
      La tua coscienza
      vigile e attenta e umana
      la strangoli
      fra pugni insanguinati di colpa:
      tu soffochi la tua Superna Giudicante,
      sferzante
      ma onesta,
      pur di non udire le ultime invocazioni
      che il mio spirito
      prossimo all'ecatombe sensoriale
      ti grida vacuo ma lancinante.
      A che ti valgono, le mie urla disperate?
      A che MI valgono,
      urla non ascoltate e lacrime non vedute?
      Chiudi gli occhi,
      allora.
      Io muoio.

      MORIRE PER RINASCERE PER SEMPRE (12/12/1993, dalla canzone "I love you I'll kill you" di Enigma)
      Ti amo come la notte il giorno,
      come il sorgere di una cometa
      dietro a costellazioni celesti
      nel silenzio palpitante dell'Universo.
      Un ciclo trascendente di pensieri ed emozioni,
      note vibrate nell'oscurità cerebrale.
      Bagliori policromi,
      d'iridata potenza,
      squarciano l'occhio della mente
      in miliardi di frantumi di specchio.
      Un canto si leva impetuoso dall'animo
      mentre l'immane aspirazione risucchia e ingloba e annienta e ricrea il Tutto.
      Infiniti nuovi ordini di pensiero,
      ma soprattutto ordini di palpitazioni emozionali,
      formano circonvoluzioni del sublime
      che si ramificano in me come neuroni.
      E nevicano cristalli di ricordo.
      E il sole fiammeggiante dell'AMORE li scioglie:
      in pioggia di lacrime,
      in vapori di respiri nel freddo,
      in nebbia diffusa di appercezioni.
      Farnetico,
      nello stupido tentativo di descriverti
      - ma anche solo parlarti -
      di quale tempesta s'è scatenata
      entro i confini del me-stesso
      espansi in direzione infinito.
      Balbetto colori che nemmeno posso dire di aver visto,
      sapori che mai e poi mai avrei potuto gustare..
      Ma mi è innanzi la nascita di uno Spirito Superiore,
      e il caos rifrangente dell'implosione
      mi affascina e mi paralizza.
      È la creazione di una potenza meta-umana,
      è l'addormentarsi di un mondo-fantasma che prima m'imprigionava:
      è il morire per rinascere PER SEMPRE

      FORSE. QUANDO? SE? (14/12/1993)
      Striscio
      come una biancastra larva molle:
      dal bozzolo delle coltri del letto
      in giro per le quattro pareti
      che ossessionano.
      Lascio
      dietro di me
      una scia gelatinosa e fluorescente
      di gemiti, sospiri, lacrime e dolore.
      Giro avvolto in me stesso
      senza precisa meta
      alla ricerca indistinta di .. distrazioni di pochi attimi
      che svaniscono come miraggi
      ri-precipitandomi nel silenzio.
      Mi soffermo
      in macabra contemplazione estatica
      innanzi a coltelli,
      prese elettriche,
      bombole del gas,
      tubi di scappamento..
      Nelle rare uscite dal guscio,
      cambia unicamente lo scenario,
      e permane il richiamo mortifero di rotaie,
      ponti,
      strade,
      fossi..
      La guida mi rende ebbro con la velocità,
      non più messaggera del vortice
      ma ambasciatrice dello schianto mortale:
      i pali ingoiano l'istinto di frenare.
      Ed eccomi alfine giunto al paradosso:
      ripromettermi il suicidio
      pur di continuare a vivere.
      Ma..
      per quale ragione, vivere?
      Forse il Tempo mi donerà l'agognata risposta.
      Forse.
      Quando?
      Se?

      PERFEZIONE SENZA FORZE (14/12/1993)
      E il tempo mi crolla addosso implacabile.
      E impietoso.
      Nel silenzio
      vengo avvolto dal rumore dell'acqua che scorre nelle tubature
      come un coro angelico che
      io
      non vedrò mai.
      I secondi
      uno ad uno ad uno ad uno
      mi cauterizzano il cuore
      marchiandomi a fuoco
      evocando la sintesi del Nulla.
      Un corpo disteso sul divano,
      un'anima distesa sul braciere.
      E il cuore martella nei timpani,
      scandendo i lunghi attimi
      che mi separano dall'ennesimo scontro
      con me stesso e i miei nervi,
      con il mio orgoglio e le mie speranze.
      Quale unico conforto,
      nettare tradito dal profumo di veleno,
      vado ripetendomi una litania:
      'Fallisci, anche di un solo respiro, e si spalancheranno innanzi a te le fauci dell'ineluttabile rovina totale'.
      Tutto sommato,
      sopravvivo.
      È già qualcosa.
      Davvero?

      GRIDO DI LIBERTÀ (14/12/1993)
      La vita è un gioco a perdere:
      nasci
      nel dolore;
      vivi
      nel dolore;
      e muori
      nel dolore.
      Infiniti affanni.
      Un inconcludente girotondo di fare e disfare.
      Un ipocrita gioco di ruolo fra marionette assassine,
      che si azzannano vicendevolmente
      (carne ed anima)
      col timore di soccombere anzichè trionfare sui rivali:
      cani affamati
      nella frenetica disputa per il teschio di un accattone morto di stenti.
      PERCHÈ,
      grido al cielo,
      PERCHÈ non esiste nemmeno un Dio
      vindice di tanto strazio?
      PERCHÈ,
      persi nell'affanno di mantenere integra la conchiglia che racchiude noialtri semi-dei,
      abbiamo messo in palio
      assieme al corpo
      perfinanco l'anima?
      PERCHÈ,
      già vittime di una realtà fisica ostile,
      sottoponiamo alla legge della giungla persino i sentimenti più puri?
      PERCHÈ,
      scoprire di essere sopraffatti dal più forte
      in ciò che ci rende tutti deboli?
      PERCHÈ,
      dover essere testimoni
      ammutoliti e stupefatti
      dei grumi del proprio stesso sangue,
      gocciolato ancora incredulo
      sul tenero muschio vivificante
      che ha rivestito il cuore di pietra ferino datoci da Madre Natura? ..

      DOLORE E GELO (19/12/1993)
      Il Tempo cura tutte le ferite,
      ma solo l'Eternità saprebbe curare il mio cuore:
      brutalizzato da un male inutile,
      scavato a lungo da un male evitabile,
      annientato da un male insanabile.
      Rannicchiato sui miei brividi,
      giaccio su una sconfinata distesa artica:
      lastroni di pak
      puntellati all'orizzonte da iceberg accuminati e assasini.
      Lame di ghiaccio sconfinato
      mi aprono orrbilmente il petto.
      Violacee, le labbra tacciono
      paralizzate dal soffio della Morte.
      Gli occhi,
      spalancati:
      focalizzati nella vuotezza
      sopra,
      intorno,
      e dentro me.
      Non una lacrima,
      non un mormorio:
      dolore perpetuo e gelo solitario

      SILENCE.. (19/12/1993)
      ..hits and eats me

      DISUMANA STASI VITALE (22/12/1993)
      Abbandonato a me stesso
      nella semioscurità della penombra
      appassisco lentamente
      come una pianta
      lasciata al buio.
      La notte
      insonorizza i sentimenti,
      rendendo sordi cuore e spirito,
      permettendo unicamente
      la disumana stasi vitale del corpo

      NOTTE ARTICA (24/12/1993)
      Vivo nella menzogna che mi racconto.
      E non ci credo.
      Chiuso,
      in uno stress sovrumano
      che in altri avrebbe da lungo partorito l'Insania.
      .. È una corsa frenetica contro il tempo,
      contro il sano istinto al suicidio.
      Vivere
      è una sottile follia
      che ti solletica con carezzevoli promesse.
      Vivere
      è tentare di afferrare i sogni
      che invece sono solo tremuli riflessi
      in un mare di lacrime.
      Sarebbe già qualcosa
      una città senza il Natale,
      senza luci maligne
      nè decorazioni tentatrici:
      promesse di gioia illusoria;
      e solo per gli schiavi asserviti all'unico dio sopravvissuto: il denaro.
      .. Il cielo della notte
      ha inghiottito le sue stelle:
      all'orizzonte
      si delinea unicamente l'oscurità
      di una perenne notte artica.

      MEGLIO CH'IO TACCIA (26/12/1993)
      Sempre più sovente
      vengo asfissiato
      dai miasmi dell'altrui stupidità.
      Soffocato
      dagli spurghi gassosi del meteorismo cerebrale
      di perfetti idioti
      incapaci di connettere più di due,
      al massimo tre neuroni per volta.
      Odio,
      il puzzo ch'esala il fiato del disoccupato mentale.
      Mi irrita i timpani,
      il rumore bianco di quelle voci che farebbero meglio a segregarsi in un degno silenzio.
      Pretendo vendetta,
      per la melmosa fiumana di significanti espurgati da un minimo di sensato significato.
      Ma il mondo pare accettare che i miei pensieri ammutoliscano,
      coperti dal rumoreggiare assordante dei sordi.
      Perchè rispondere?
      Meglio ch'io taccia, dunque!